Inroduzione:
Premessa:
Ho avuto l’esperienza personale di incontrare il mondo della malattia mentale nelle sue varie forme, per anni ho frequentato le strutture psichiatriche infantili locali e del Ospedale pediatrico Meyer di Firenze, il primo giorno che sono entrato in quel reparto è stata un esperienza scioccante, il vedere tanta sofferenza in bambini e adolescenti e destabilizzante, tutte le tue certezze si azzerano e come se avvenisse un reset nell’anima, e la mente scoppia di domande senza risposte. Grazie alla professionalità di medici, infermieri e oss e all’effetto lenitivo del tempo si riesce a convivere e a trovare la volontà e la forza per raccontare senza timori la propria esperienza con lo spauracchio della temuta malattia “mentale”, come se fosse normale essere malati di cuore, fegato, reni ecc, ma non è normale esserlo di mente, si diventa “pazzi”, “matti”. Questa ancestrale paura va combattuta, e dobbiamo ringraziare l’attuale ricerca scientifica e sanitaria se oggi e possibile fare questo con i necessari mezzi.
Per arrivare a oggi però, la strada è stata lunga, tortuosa e piena di errori e ne sono una testimonianza i vecchi edifici usati per curare o detenere quei poveri malati “mentali”. La curiosità di conoscere questi luoghi mi ha spinto a visitare il posto più vicino a me, ex Ospedale Pschiatrico di Volterra, e grazie all’iniziativa dell’associazione “Eplorazioni urbane” ci sono riuscito, con la guida della onlus “Inclusione Graffio e Parola” è stato possibile visionare gli edifici e il museo relativo. E’ mio piacere condividere questa esperienza con chi vorrà farlo.
(Le foto sono le mie. Nei commenti riporto ciò, che ci è stato detto durante la visita dalla guida della onlus, il vicepresidente della stessa il sig. Claudio Grandoli, faccio rifermento ai libri:
“La Storia Iconografica dell’Ospedale Neuro-Psichiatrico di Volterra” di Piero Pazzagli edito dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra
“N.O.F.4 il libro della vita” a cura di Mino Trafeli, Pacini Editore Pisa
“NEO PSICHIATRIA Esistere nella follia” Edizioni del Cerro. Questi libri sono acquistabili tutti all’interno del Museo Lombroso. Tutti gli altri commenti frutto delle mie ricerche hanno i relativi diritti e link )
esplorazioniurbane.it
inclusionegraffioeparola.it
Giugno 2021
“Visto da vicino nessuno è normale”
Franco Basaglia
Manichino dell’istallazione “LUOGHI COMUNI RELOADED” concepita da Armando Punzo e allestita da Alessandro Marzetti.
Le origini
Il 27 gennaio 1874 inizia ad operare l’Ospizio di Mendicità, una parte del convento fu adibita ad accogliere “quell’Umanità in cui il problema era quello della sopravvivenza quotidiana”. Nel 1888 fu istituita una sezione dementi all’interno dell’Ospizio di Mendicità.
Nel 1897 la Sezione dementi divenne così numerosa che la Congregazione di carità decise di riservarle gran parte dei locali dell’ex convento e di trasferire il Ricovero di mendicità nell’ex convento di S. Chiara. Data l’importanza assunta dalla Sezione dementi, la Congregazione di carità decise di separarne l’amministrazione da quella del Ricovero di mendicità e così nel novembre 1897 la Sezione dementi divenne un’istituzione autonoma denominata ‘Asilo dementi’, sempre amministrata dalla Congregazione di Carità, ma con bilancio proprio.
Il nuovo istituto progredì incessantemente sia da un punto di vista igienico-sanitario che tecnico, perdendo gradualmente il carattere di cronicario per malati incurabili innocui, espulsi per esigenze di sfollamento dai manicomi limitrofi (S. Niccolò di Siena e Fregionaia di Lucca), e trasformandosi pian piano in un moderno manicomio per la cura della malattia mentale.
www.cartedalegare.san.beniculturali.it/index.php?id=445
Nel corso degli anni la struttura psichiatrica si evolse con le suguenti tappe:
- Ricovero di Mendicità (27 gennaio 1884)
- Asilo dei Dementi (novembre 1897)
- Frenocomio di San Girolamo (5 giugno 1902)
- Ospedale Psichiatrico (20 novembre 1933)
- Ospedale Neuro-psichiatrico (giugno 1934)
Chi erano i pazienti?
Una definizione che stata data e: alterazioni della cognitività e/o della effettività insorte in epoca post-natale e suscettibili di trattamento psico-socio-farmacologico.
Sotto questa definizione per altro opinabile, negli oltre 100 anni di vita del manicomio diverse tipologie di pazienti sono state ospiti della struttura, fra reali e bisognosi pazienti di cure psichiatriche purtroppo ci sono finite anche persone, che per motivi diversi dalla malattia mentale, sono stati internati nel manicomio, basti pensare al ventennio fascista che proprio sotto la sua autorità vide il maggior numero di pazienti nella storia della struttura manicomiale. Dagli iniziali 4 pazienti dell’apertura si è avuto un picco proprio nel 1942 di 4145 pazienti.
Prima della legge 180, vigeva la legge 36 del 1904, per cui venivano internate nei manicomi le persone «affette per qualunque causa da alienazione mentale».
Erano i deviati, coloro che non rientravano nei canoni, per motivi che non erano sempre legati alla malattia mentale. In manicomio finiva chi era ai margini della società, ma anche gli omosessuali e tante donne.
“La gran parte dei reclusi non erano folli, erano persone che volevano esprimere qualcosa e cadevano nella follia quando questo veniva loro impedito”
“I medici non toccavano nemmeno i pazienti, li analizzavano da lontano toccandoli con una penna o con le chiavi”
Anna Marchitelli
che ha studiato le cartelle cliniche dell’ex ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi di Napoli
www.environmentbehavior.it/la-vita-allinterno-dei-manicomi-raccapricciante-destino-dei-pazienti-psichiatrici/
Luigi Scabia
La direzione di Luigi Scabia (aprile 1900 – maggio 1934)
E con la direzione di Luigi Scabia che il manicomio di Volterra ha un mutamento radicale, Scabia diresse la struttura per 34 anni trasformandola in un moderno ospedale neuro-psichiatrico.
www.volterracity.com/luigi-scabia-ospedale-psichiatrico-volterra/
Introduce il metodo scientifico per la cura dei pazienti, iniziando a registrare dati in cartelle individuali e registri, applica l’ergoterapia.
it.wikipedia.org/wiki/Terapia_occupazionale
Desidera che i pazienti si sentano liberi e occupati, individua le loro caratteristiche e le loro occupazioni e li mette a lavoro: giardinieri, camerieri, contadini, muratori, meccanici, avvia un programma di costruzione di edifici come laboratori che residenziali usando come manodopera gli stessi pazienti, in pochi anni si creerà una citta manicomiale autosufficiente
Fabrizio Parrini docente di Storia dell’arte a Volterra in un suo racconto dice di Scabia:
“Fu chiaro al giovane psichiatra che dovevano crollare i muri della follia. E Volterra sarebbe stata la «città dei folli», moderna, libera, organizzata, con l’idea guida del lavoro come presupposto del riscatto. Fino a Scabia il folle non poteva avere sentimenti, desideri, speranze. Doveva restare nel suo territorio, fittizio, simulato. La scienza ufficiale esigeva l’occultamento del folle. Scabia rompe questo pregiudizio scientifico cercando di restituire ai degenti la speranza, la parvenza di una vita vera.
Così al direttore scriveva nel 1907 un ricoverato:
«Ella avrà visto che già da qualche tempo io mi dedico al lavoro, che per me sento essere in principio alla mia guarigione. Io non ho perduto il ben dell’intelletto perché ella parla con me che non sono degno, il mio desiderio sarebbe questo di potermi trattenere un poco fuori per respirare un poco d’aria…»
Scabia non crede più, come la psichiatria ufficiale, che solo la nitroglicerina sia efficace nella cura dell’epilessia, non esita ad utilizzare la musica contro la nevrastenia, favorisce l’arte, il teatro e la musica dentro i reparti del manicomio. Scabia la chiama «cura morale» contro il delirio e la demenza.
ricerca.gelocal.it/iltirreno/archivio/iltirreno/1999/08/22/LRA08.html
Nel 1910, in occasione dei suoi 10 anni di direzione Scabia dirà: “Non ci sono pazienti costretti nei loro letti, tranne i grandi distruttori”
E’ facilmente intuibile come dietro tutto questo ci sia stato e lo è anche oggi un aspetto economico non indifferente.
manicomiodivolterra.it/dott-luigi-scabia/
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